martedì 7 maggio 2024

IL GATTO

 -        Pronto polizia? Mi chiamo Camilla Anselmi, abito in via delle Pagode 33, venite , vi prego, al più presto. Credo sia accaduto qualcosa di molto brutto alla mia vicina, la signorina Carli, Antonia Carli, fate presto per favore.

-        Ci spieghi signora e si calmi, arriviamo ma dobbiamo sapere di cosa si tratta, c'é un referto da compilare.

-        Ecco,  Antonia non mi risponde, la stavo chiamando perché come al solito il suo gatto mi è entrato in casa. E poi ho visto che il gatto ha le zampe insanguinate! Vi prego fate presto!

    Il cadavere di Antonia Carli era riverso sul pavimento del soggiorno, in una pozza di sangue. Era stata accoltellata, l’assassino l’aveva assalita alle spalle recidendole con un colpo solo la giugulare. La poveretta non aveva avuto neanche il tempo di urlare.

   L'ispettore Roversi, giunto sul luogo con i RIS  e numerosi agenti iniziò a guardarsi intorno, ascoltando le testimonianze dei condomini, portiere in testa: Giacomo detto Mino, che era da poco subentrato al padre ammalato, e, nonostante la giovane età, come tutti i portieri che si rispettino conosceva vita morte e miracoli della signorina Antonia, quarantaduenne  piacente ma non simpaticissima. Amica-rivale di Camilla, Antonia aveva anche un fidanzato: lo stesso che Camilla aveva lasciato alcuni mesi prima perché possessivo e violento. Paolo Giugno il suo nome, di bell’aspetto, ricco e senza un alibi per la serata precedente. Anzi, certamente coinvolto perché le telecamere di sorveglianza della filiale della Banca Della Finanza in via delle Pagode, lo avevano perfettamente inquadrato alle 23,00 mentre usciva dallo stabile.

  Il medico legale aveva indicato tra le 22,45 e le 24 l’ora presunta del delitto. Questi erano i fatti e su queste basi Roversi non poté fare a meno di arrestare il Giugno, dopo un breve e concitato interrogatorio in cui l’uomo si proclamò innocente ed affermò di aver lasciato la fidanzata viva e vegeta, anche se avevano avuto un breve alterco: i due avrebbero discusso e anche alzato la voce, ma nulla di più.  

  L’uomo, dal carattere fumantino, aveva sferrato due pugni sul tavolo ed era stato portato via ammanettato, mentre urlava il suo amore per Antonia e la sua innocenza.

  Il caso era semplice, Roversi si rilassò davanti ad un caffè amaro come piaceva a lui, soddisfatto dell’andamento delle indagini.

  Ma nella sua mente ancora vagava qualche ombra.

  In realtà c’erano dei punti da chiarire: l’arma del delitto non era stata ritrovata e bisognava attendere l’esame delle numerose impronte rinvenute sulla scena del crimine, peraltro contaminata dal passaggio ripetuto del gatto Amilcare, inseparabile compagno di Antonia.

  Nonostante l’apparente semplicità del caso e in attesa degli esami del RIS, Roversi, che amava la precisione e non tollerava dubbi o zone d’ombra nelle sue indagini, decise di recarsi di nuovo in   via delle Pagode ad ascoltare in maniera più approfondita gli altri condomini, che a caldo gli avevano tutti confermato la stessa versione: nessun rumore rilevante, urla o similari, solo una discussione a voce sostenuta tra Antonia e il fidanzato, poco prima delle 23.

   Così avevano affermato il ragionier De Bellis, la Signora Massa, l’avvocato Santelli, l’ingegner Ponzi e sua moglie. Soltanto la signora Mercedes Somma, del quarto piano, giurava di aver visto Antonia sul terrazzo innaffiare i fiori dopo le 23,00, ma aveva 88 anni e la sua testimonianza inizialmente non venne ritenuta affidabile. Si ritenne che potesse averla confusa con Camilla, proprietaria del terrazzo adiacente.

   Roversi tornò ad interrogarla.

-          Vede Ispettore, io porto fuori il cane sempre alla stessa ora. Dalla strada il terrazzo di Antonia al primo piano è  perfettamente visibile, e anche quello di Camilla, ma le due donne sono diverse, la povera Antonia era bionda. Bene, erano le 23,15 e Antonia innaffiava i fiori, ne sono certa!

L’anziana donna appariva lucidissima e Roversi ne trovò anche le prove: sul tavolino del salotto della donna erano ben impilati tutti i numeri di una famosa rivista enigmistica, con tutti i quesiti, anche i più difficili, perfettamente risolti.

-          Sa, io vivo sola, i miei soli passatempi sono l’enigmistica e la cucina. Vuole assaggiare i miei dolcetti alla crema? Ho il colesterolo che mi fa penare, non posso eccedere!

   Roversi non si tirò indietro e l’assaggio di quelle delizie, abbinato alle capacità risolutive in campo enigmistico, non fece altro che confermare la sua impressione sull’anziana donna.

  Passò poi da Camilla, che trovò molto più calma della sera precedente. Mino gli aveva riferito che i rapporti tra le due donne non erano proprio idilliaci; a parte le vicende amorose, Camilla mal sopportava la presenza ingombrante di Amilcare, che spesso sconfinava nel suo terrazzo scavando nelle piante e sporcando ovunque.

-          Antonia è stata una pazza a cedere alle lusinghe di quel farabutto, ha fatto come con me, il copione è lo stesso! L’ha irretita con regali, fiori, bigliettini affettuosi…Sa com’è, non siamo più ragazzine e certe cose ci fanno effetto! Sono stata costretta a lasciarlo per le sue continue scenate di gelosia, non ero libera di uscire, di vestirmi come mi pareva…Un incubo!

 Roversi ascoltò pensieroso l’accorata testimonianza di Camilla che smarrì rapidamente la calma iniziale: passava da parole sussurrate ad un tono stridulo, come in preda ad uno stato confusionale, ad una vera e propria crisi isterica.

   Mino aveva raccontato che le scenate di gelosia erano per lo più di Camilla e che la storia fra Paolo ed Antonia era cominciata già prima della fine del fidanzamento con l’altra. L’ispettore si trovò per un attimo spiazzato, la confusione delle testimonianze contrastanti non lo faceva stare tranquillo, per questo decise di passare al contrattacco affrontando di petto Camilla.

-          Signorina Anselmi, mi vuol dire con sincerità quali fossero i suoi rapporti con la Signorina Carli? C’era dell’acredine tra voi?  Era ancora innamorata del Giugno? Quella sera li aveva sentiti? Avevano davvero litigato? Dal suo appartamento le parole si distinguono bene. Si calmi e cerchi di essere sincera, la sua testimonianza può essere fondamentale.

La donna si voltò come una furia e rispose urlando:

-          Senta Ispettore, se  mi vuole accusare di omicidio lo faccia pure, io la odiavo, avrei voluto vederla morta già da tanto tempo, ha distrutto la mia vita, mi ha rubato l’amore, la odiavo e la odio ancora, pure da morta! Vuol sapere se li ho sentiti? Ma certo, hanno litigato, ma poi si sono rappacificati, poco dopo ho  sentito ben altro: gemiti, sospiri. Non c’è alcun dubbio su cosa facessero, e io come una cretina, sto ancora a rimpiangere l’amore di quel farabutto e l’amicizia di quella p…

   La donna si fermò di botto, e non a causa delle lacrime che le rigavano copiose le guance, ma perché vide entrare in casa, come accadeva spesso, il gatto Amilcare, in giro per le sue solite scorribande. Senza pensarci un solo attimo, gli lanciò una statuina di bronzo che, non cogliendolo, fracassò un quadro mandando in frantumi il vetro. Odiava quell’animale, era invadente, se lo trovava tra i piedi in qualunque momento.

  Roversi cercò di calmare la donna, le asciugò le lacrime ma non poté fare a meno, prima di accomiatarsi, di rivolgerle un’ultima domanda.

-          Mi scusi, ma non posso fare a meno di chiederglielo, la rappacificazione, quella di cui lei parlava, mi saprebbe dire a che ora approssimativamente sarebbe avvenuta? I gemiti e i sospiri per intenderci…

-          In quel momento a tutto pensavo tranne che a guardare l’orologio ma erano appena terminate le previsioni del tempo sul terzo canale, le ascolto sempre e tenevo la TV accesa. Erano le 23,30, ne sono certa!

   Roversi, che fino a qualche ora prima credeva di aver risolto il caso, tornò in ufficio abbastanza confuso e qui diede lettura al referto dei RIS dal quale apprese le caratteristiche dell’arma del delitto, un coltello da cucina, probabilmente quello mancante nella casa della vittima, in tal caso  facilmente riconoscibile dal manico color glicine, come gli altri ancora infilati in bella mostra in un ceppo colorato accanto al piano cottura.

   Il referto aggiungeva un altro particolare, che Roversi però già conosceva: Antonia quella sera aveva avuto un rapporto sessuale, consenziente. Mancava però qualsiasi traccia di liquido seminale, quindi niente esame del DNA. Le numerose impronte erano di Antonia,  Paolo,  Camilla, ma molte altre erano sconosciute e difficilmente identificabili.

   L’Ispettore era punto e a capo, confermata la testimonianza della signora Somma, avrebbe dovuto scarcerare subito il Giugno, senza temporeggiare. Ricomponendo il puzzle era evidente che Antonia aveva un amante e lo aveva ricevuto in casa. Era costui l’assassino, e probabilmente abitava nello stesso stabile, perché nessuno era stato inquadrato dalle telecamere della banca mentre ne usciva, quella notte. Il piccolo condominio non aveva seconde uscite.

  Roversi intanto formulava ipotesi, chi poteva essere stato? Il timido ragioniere? L’avvocato rampante e facoltoso? L’ingegnere sembrava troppo anziano, ma aveva una moglie insopportabile…Mino?

   Giunto al 33 di via delle Pagode, Roversi era deciso ad uscire con una piena confessione, chiunque fosse stato il colpevole non avrebbe avuto riguardi.

   Fu più facile del previsto: voleva cominciare da Mino ma l’uomo non era al suo posto e dalla guardiola  provenivano strani rumori. Dovette forzare la serratura che l’uomo teneva sempre chiusa: una raccomandazione di suo padre! Qui trovò Amilcare che con le zampette aveva sollevato due mattonelle del pavimento ed ora era lì a leccare concitatamente un coltello venuto fuori da quel nascondiglio: aveva il manico color glicine.

  Mino non ci provò neanche a smentire: era innamorato della donna, che non aveva alcuna intenzione di lasciare il ricco fidanzato per lui. Era stato un raptus.

Roversi era finalmente soddisfatto, il caso stavolta era davvero risolto! Mentre sbrigava le ultime formalità ebbe l’impressione che il gatto Amilcare lo guardasse con una certa soddisfazione, mentre continuava a leccarsi il pelo sdraiato sul pavimento dell’androne.

 © Silvana Maroni




 

 

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