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Pronto
polizia? Mi chiamo Camilla Anselmi, abito in via delle Pagode 33, venite , vi
prego, al più presto. Credo sia accaduto qualcosa di molto brutto alla mia
vicina, la signorina Carli, Antonia Carli, fate presto per favore.
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Ci spieghi
signora e si calmi, arriviamo ma dobbiamo sapere di cosa si tratta, c'é un
referto da compilare.
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Ecco, Antonia non mi risponde, la stavo chiamando
perché come al solito il suo gatto mi è entrato in casa. E poi ho visto che il
gatto ha le zampe insanguinate! Vi prego fate presto!
Il cadavere di Antonia Carli era riverso sul pavimento del soggiorno, in
una pozza di sangue. Era stata accoltellata, l’assassino l’aveva assalita alle
spalle recidendole con un colpo solo la giugulare. La poveretta non aveva avuto
neanche il tempo di urlare.
L'ispettore Roversi, giunto sul luogo con i RIS e numerosi agenti iniziò a guardarsi intorno,
ascoltando le testimonianze dei condomini, portiere in testa: Giacomo detto
Mino, che era da poco subentrato al padre ammalato, e, nonostante la giovane
età, come tutti i portieri che si rispettino conosceva vita morte e miracoli
della signorina Antonia, quarantaduenne piacente ma non simpaticissima. Amica-rivale
di Camilla, Antonia aveva anche un fidanzato: lo stesso che Camilla aveva
lasciato alcuni mesi prima perché possessivo e violento. Paolo Giugno il suo
nome, di bell’aspetto, ricco e senza un alibi per la serata precedente. Anzi,
certamente coinvolto perché le telecamere di sorveglianza della filiale della
Banca Della Finanza in via delle Pagode, lo avevano perfettamente inquadrato
alle 23,00 mentre usciva dallo stabile.
Il medico legale aveva indicato tra le 22,45 e le 24 l’ora presunta del delitto.
Questi erano i fatti e su queste basi Roversi non poté fare a meno di arrestare
il Giugno, dopo un breve e concitato interrogatorio in cui l’uomo si proclamò
innocente ed affermò di aver lasciato la fidanzata viva e vegeta, anche se
avevano avuto un breve alterco: i due avrebbero discusso e anche alzato la
voce, ma nulla di più.
L’uomo,
dal carattere fumantino, aveva sferrato due pugni sul tavolo ed era stato
portato via ammanettato, mentre urlava il suo amore per Antonia e la sua
innocenza.
Il caso era semplice, Roversi si rilassò davanti ad un caffè amaro come
piaceva a lui, soddisfatto dell’andamento delle indagini.
Ma nella sua mente ancora vagava qualche ombra.
In realtà c’erano dei punti da chiarire: l’arma del delitto non era
stata ritrovata e bisognava attendere l’esame delle numerose impronte rinvenute
sulla scena del crimine, peraltro contaminata dal passaggio ripetuto del gatto
Amilcare, inseparabile compagno di Antonia.
Nonostante l’apparente semplicità del caso e
in attesa degli esami del RIS, Roversi, che amava la precisione e non tollerava
dubbi o zone d’ombra nelle sue indagini, decise di recarsi di nuovo in via
delle Pagode ad ascoltare in maniera più approfondita gli altri condomini, che
a caldo gli avevano tutti confermato la stessa versione: nessun rumore
rilevante, urla o similari, solo una discussione a voce sostenuta tra Antonia e
il fidanzato, poco prima delle 23.
Così avevano affermato il ragionier De Bellis, la Signora Massa,
l’avvocato Santelli, l’ingegner Ponzi e sua moglie. Soltanto la signora
Mercedes Somma, del quarto piano, giurava di aver visto Antonia sul terrazzo
innaffiare i fiori dopo le 23,00, ma aveva 88 anni e la sua testimonianza
inizialmente non venne ritenuta affidabile. Si ritenne che potesse averla
confusa con Camilla, proprietaria del terrazzo adiacente.
Roversi tornò ad interrogarla.
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Vede
Ispettore, io porto fuori il cane sempre alla stessa ora. Dalla strada il terrazzo
di Antonia al primo piano è perfettamente visibile, e anche quello di
Camilla, ma le due donne sono diverse, la povera Antonia era bionda. Bene,
erano le 23,15 e Antonia innaffiava i fiori, ne sono certa!
L’anziana donna appariva
lucidissima e Roversi ne trovò anche le prove: sul tavolino del salotto della
donna erano ben impilati tutti i numeri di una famosa rivista enigmistica, con
tutti i quesiti, anche i più difficili, perfettamente risolti.
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Sa, io
vivo sola, i miei soli passatempi sono l’enigmistica e la cucina. Vuole
assaggiare i miei dolcetti alla crema? Ho il colesterolo che mi fa penare, non
posso eccedere!
Roversi non si tirò indietro e l’assaggio di quelle delizie, abbinato
alle capacità risolutive in campo enigmistico, non fece altro che confermare la
sua impressione sull’anziana donna.
Passò
poi da Camilla, che trovò molto più calma della sera precedente. Mino gli aveva
riferito che i rapporti tra le due donne non erano proprio idilliaci; a parte
le vicende amorose, Camilla mal sopportava la presenza ingombrante di Amilcare,
che spesso sconfinava nel suo terrazzo scavando nelle piante e sporcando
ovunque.
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Antonia è
stata una pazza a cedere alle lusinghe di quel farabutto, ha fatto come con me,
il copione è lo stesso! L’ha irretita con regali, fiori, bigliettini
affettuosi…Sa com’è, non siamo più ragazzine e certe cose ci fanno effetto!
Sono stata costretta a lasciarlo per le sue continue scenate di gelosia, non
ero libera di uscire, di vestirmi come mi pareva…Un incubo!
Roversi ascoltò pensieroso
l’accorata testimonianza di Camilla che smarrì rapidamente la calma iniziale:
passava da parole sussurrate ad un tono stridulo, come in preda ad uno stato
confusionale, ad una vera e propria crisi isterica.
Mino aveva raccontato che le
scenate di gelosia erano per lo più di Camilla e che la storia fra Paolo ed Antonia
era cominciata già prima della fine del fidanzamento con l’altra. L’ispettore
si trovò per un attimo spiazzato, la confusione delle testimonianze
contrastanti non lo faceva stare tranquillo, per questo decise di passare al
contrattacco affrontando di petto Camilla.
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Signorina Anselmi, mi vuol dire con sincerità
quali fossero i suoi rapporti con la Signorina Carli? C’era dell’acredine tra
voi? Era ancora innamorata del Giugno?
Quella sera li aveva sentiti? Avevano davvero litigato? Dal suo appartamento le
parole si distinguono bene. Si calmi e cerchi di essere sincera, la sua
testimonianza può essere fondamentale.
La donna si voltò come una furia e rispose
urlando:
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Senta Ispettore, se mi vuole accusare di omicidio lo faccia pure,
io la odiavo, avrei voluto vederla morta già da tanto tempo, ha distrutto la
mia vita, mi ha rubato l’amore, la odiavo e la odio ancora, pure da morta! Vuol
sapere se li ho sentiti? Ma certo, hanno litigato, ma poi si sono rappacificati,
poco dopo ho sentito ben altro: gemiti,
sospiri. Non c’è alcun dubbio su cosa facessero, e io come una cretina, sto ancora
a rimpiangere l’amore di quel farabutto e l’amicizia di quella p…
La donna si fermò di botto, e
non a causa delle lacrime che le rigavano copiose le guance, ma perché vide
entrare in casa, come accadeva spesso, il gatto Amilcare, in giro per le sue
solite scorribande. Senza pensarci un solo attimo, gli lanciò una statuina di
bronzo che, non cogliendolo, fracassò un quadro mandando in frantumi il vetro. Odiava
quell’animale, era invadente, se lo trovava tra i piedi in qualunque momento.
Roversi cercò di calmare la donna, le asciugò
le lacrime ma non poté fare a meno, prima di accomiatarsi, di rivolgerle
un’ultima domanda.
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Mi scusi, ma non posso fare a meno di
chiederglielo, la rappacificazione, quella di cui lei parlava, mi saprebbe dire
a che ora approssimativamente sarebbe avvenuta? I gemiti e i sospiri per
intenderci…
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In quel momento a tutto pensavo tranne che a
guardare l’orologio ma erano appena terminate le previsioni del tempo sul terzo
canale, le ascolto sempre e tenevo la TV accesa. Erano le 23,30, ne sono certa!
Roversi, che fino a qualche ora
prima credeva di aver risolto il caso, tornò in ufficio abbastanza confuso e
qui diede lettura al referto dei RIS dal quale apprese le caratteristiche
dell’arma del delitto, un coltello da cucina, probabilmente quello mancante
nella casa della vittima, in tal caso
facilmente riconoscibile dal manico color glicine, come gli altri ancora
infilati in bella mostra in un ceppo colorato accanto al piano cottura.
Il referto aggiungeva un altro particolare,
che Roversi però già conosceva: Antonia quella sera aveva avuto un rapporto
sessuale, consenziente. Mancava però qualsiasi traccia di liquido seminale,
quindi niente esame del DNA. Le numerose impronte erano di Antonia, Paolo, Camilla, ma molte altre erano sconosciute e
difficilmente identificabili.
L’Ispettore era punto e a capo,
confermata la testimonianza della signora Somma, avrebbe dovuto scarcerare
subito il Giugno, senza temporeggiare. Ricomponendo il puzzle era evidente che
Antonia aveva un amante e lo aveva ricevuto in casa. Era costui l’assassino, e
probabilmente abitava nello stesso stabile, perché nessuno era stato inquadrato
dalle telecamere della banca mentre ne usciva, quella notte. Il piccolo
condominio non aveva seconde uscite.
Roversi intanto formulava
ipotesi, chi poteva essere stato? Il timido ragioniere? L’avvocato rampante e
facoltoso? L’ingegnere sembrava troppo anziano, ma aveva una moglie
insopportabile…Mino?
Giunto al 33 di via delle
Pagode, Roversi era deciso ad uscire con una piena confessione, chiunque fosse
stato il colpevole non avrebbe avuto riguardi.
Fu più facile del previsto:
voleva cominciare da Mino ma l’uomo non era al suo posto e dalla guardiola provenivano strani rumori. Dovette forzare la
serratura che l’uomo teneva sempre chiusa: una raccomandazione di suo padre!
Qui trovò Amilcare che con le zampette aveva sollevato due mattonelle del
pavimento ed ora era lì a leccare concitatamente un coltello venuto fuori da
quel nascondiglio: aveva il manico color glicine.
Mino non ci provò neanche a smentire:
era innamorato della donna, che non aveva alcuna intenzione di lasciare il
ricco fidanzato per lui. Era stato un raptus.
Roversi era finalmente soddisfatto, il caso stavolta era davvero risolto!
Mentre sbrigava le ultime formalità ebbe l’impressione che il gatto Amilcare lo
guardasse con una certa soddisfazione, mentre continuava a leccarsi il pelo
sdraiato sul pavimento dell’androne.
©
Silvana Maroni