venerdì 19 aprile 2024

CINQUE PER CENTO

 Era la fine del mondo. L’asteroide diretto verso la Terra disegnava nel cielo scuro una scia luminosa, come la stella cometa di un vecchio Natale, il primo, quello vero. Gli strali lanciati con rabbia dal dio dell’universo sarebbero ricaduti sull’uomo e le sue colpe. La gravità attirava quella materia impazzita e non c’era scampo per nessuno sul vecchio e stanco pianeta, da tempo succube dell’arroganza umana.

Anche se stavolta l'uomo non c'entrava nulla. Era stato il caso che aveva posto quel masso in rotta di collisione con la Terra. Puro caso.

Lui era in strada, al contrario della maggioranza. Era stato nel tunnel della metropolitana ma aveva trovato un vero inferno: schiamazzi, urla, litigi furiosi. Qualcuno pregava, altri piangevano disperati, qua e là c'era chi si sparava droghe ottenute a prezzo irrisorio.

 I soldi erano già carta straccia.

Preferì non mescolarsi a quella marea umana impazzita, decise che sarebbe morto all’aria aperta, guardando in su, disteso sotto quello stesso cielo che in passato aveva osservato carico di amore e di curiosità, scrutato al telescopio, ammirato nelle notti limpide e che ora gli stava crollando addosso. Briciole di cielo avrebbero cancellato l'umanità. L'Universo non se ne sarebbe neanche accorto. Intorno vedeva sfrecciare veicoli sovraccarichi di bagagli, provviste, masserizie, come se ci fosse stato uno scampo, un luogo sicuro dove nascondersi. C'era ancora qualcuno che coltivava illusioni e incredulità.

Nella realtà la speranza era legata ad un filo sottilissimo. I notiziari erano stai chiari: le  sonde inviate per distruggere l’asteroide o deviarne la traiettoria mortale avevano fatto cilecca, o quasi. Avrebbero fatto tutti la fine dei dinosauri.

 Le possibilità di salvezza erano irrisorie, legate ad un ipotetico impatto con un altro frammento impazzito. Sarebbe stato come fare filotto sull'immensa tavola di biliardo azzurra srotolata lassù, a sovrastare l'umanità disperata, ormai consapevole di non essere la padrona su quel sassolino alla periferia della galassia.

Si parlava di una percentuale intorno al 5%, un nulla.

 Si recò davanti al mare e si distese sulla spiaggia, in prima fila per l’ultimo spettacolo. Maledisse se stesso, aveva desiderio di fumare ma aveva smesso all'improvviso, poche settimane prima, spaventato dai soliti allarmismi dei medici, ora ridicoli a dir poco.  Si frugò lo stesso nelle tasche, e fu premiato. Sul fondo trovò un pacchetto accartocciato con un’ultima sigaretta. Una su 20. “ E’il 5%” pensò. “Si può essere fortunati due volte?”

Gli venne su un sorriso beffardo. L’accese aspettando gli eventi.

© Silvana Maroni

 

 


giovedì 18 aprile 2024

ATTRAVERSO IL RAGGIO VERDE

 Attraverso il raggio verde – A spasso tra universi paralleli – Storie ordinarie e straordinarie di incontri possibili e impossibili

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Il raggio verde è un fenomeno ottico visibile quando il Sole, all'alba o al tramonto, crea una sottile striatura luminosa colorata di verde smeraldo che dura pochi istanti. È un fenomeno fugace, un guizzo veloce di colore intenso difficilissimo da osservare, proprio come sono fugaci e difficili da cogliere certe occasioni che la vita ci presenta.
A questo fenomeno, per certi versi misterioso e soprattutto sfuggente, si possono paragonare le storie di questa raccolta. Storie legate al caso, al tempo o ad eventi imprevedibili, sospese fra Universi paralleli, fra passato, presente e futuro, sogno e realtà.
Alcune sono di fantascienza pura o fantasy, veri e propri voli pindarici della fantasia, ma vi sono anche storie normali di cambiamento, svolte, decisioni, eventi che risolvono la vita.
Quando l’ambiente ci condiziona e ci opprime la cosa migliore da fare è andare via, cambiare radicalmente? È davvero la scelta giusta o è meglio restare, a combattere contro i propri fantasmi?







SU IL SIPARIO

 Lucariè te vuo’ scetà, song già ‘e 9, prenditelo questo caffè pure se è una schifezza. Come dici? Ha un sapore di scarrafoni? Già, ma ogni scarrafone è bello a mamma sua. Lo vedi Ninnillo? Ora si sveglia e gli preparo la zuppa di latte.  La colla, la colla, non l’ho squagliata, devo fare troppe cose, e poi quello scocciante di tuo fratello si lamenta che gli spariscono i soldi, ma può essere mai?

Mi compaiono soldi nelle tasche, è un vero miracolo, ieri non c’erano e oggi stanno qua.

Pascà ma che dici, com’è possibile? Ma sì ho fatto tutto quello che era stabilito: ho sbattuto i tappeti ai quattro lati della casa, cantando, e sono stato premiato!

Professò avete capito? Questa casa è miracolosa e Il segreto del caffè sta nel coppitello di carta: quello trattiene l’aroma: provate, provate pure voi.  

È stato un miracolo vero e proprio: sono resuscitata e tu sei mio marito, il mio cognome è Soriano, come quello dei miei figli, che adesso sono pure tuoi. Festeggiamo Dummì, è ssiente, stann sparanno i fuochi! Facimmo festa!

Ma è Zì Nicola, che sta parlando cu’ nuje, isso parla sulo accussì, co ‘e botte. E non è certo contento: le famiglie vanno a rotoli: non c’è stima, non c’è fiducia. Brutti tempi!

Adda passà a nuttata.

Ma quala nuttata? Il sole sorge, il sipario si abbassa e nelle nostre sale arrivano i friggitori, i pizzaioli. E miettono ‘e tavulini miez ‘a via, stamm chieni ‘e turisti. Napule non è chiù nu tiatro, ma na padellata ‘e zeppole, che frije a tutte ll’ore!

© Silvana Maroni



NUMERI

 -Rispondo dall’Italia-

-Il PUK signora, deve digitare il PUK!

Sempre numeri, solo numeri, come si fa a tenerne a mente tanti?  

Quand’ero piccola le zie giocavano al lotto, c’erano i  numeri di zia Carolina, li ha giocati per una vita intera senza vincere neanche un centesimo! Doveva provarci adesso con tutti questi giochi nuovi!

MillionDay, Gratta e vinci, 10elotto, Superenalotto... E già Superenalotto, si vince forte!

Nientedimeno 64 milioni di Jackpot, fosse viva zia Carolina ci si tufferebbe!

-Rispondo dall’Italia-

Quasi quasi mi tuffo io. 64 milioni! Magari la zia mi aiuta dall’aldilà!

 Ma poi io nell’aldiquà che ci faccio con tutti quei soldi?

Mi compro una casa, anzi due, anzi tre. 10 milioni a Paolo,mio fratello, così smette di lavorare che si lamenta sempre! No, e se poi si droga, beve?

 A mamma una bella casa e una anche a me, ma poi che facciamo, ci separiamo? Una bella villa, grande per tutte e due magari, così stiamo più comode. Ma poi ci vorrebbero cameriere per la pulizia, tutti i giorni, e lei non sopporta estranei trai piedi, lo dice sempre! Potrei viaggiare, non lavorare più...

-Rispondo dall’Italia-

Ma no dai, forse è meglio che non  gioco...

© Silvana Maroni


 

LEZIONE DI ASTRONOMIA

 Il professore entrò in classe alle otto del  mattino del primo giorno di primavera portando con sé la gioia e la sensazione di rinascita che spesso si accompagna alle giornate ventose di marzo. Un mese ribelle, indeciso, motivato anche lui a portare scompiglio nei cuori e nelle giovani menti. Il professore lo sapeva bene: materia grigia da plasmare, stimolare, affinare alla ricerca di un pensiero critico. Ardua missione ai tempi dei social, di internet e della filosofia del “sempreconnessi”.

“Oggi ragazzi  voglio invitarvi a riflettere su un'immagine, una foto molto significativa.” Esordì il docente rivolgendosi alla platea distratta, indaffarata in mille attività che sembravano essere ben più importanti.

“Posate i telefonini e state attenti!”

Accese la LIM e si collegò al suo account di Drive aprendo un'immagine che sembrava sfocata, fatta di alcune righe colorate su un fondo scuro, dove, piccolissimo, si scorgeva un minuscolo puntino luminoso.

“Vedete questa immagine? Bene, è stata scattata nel 1990 dalla sonda Voyager1 lanciata nello spazio nel  1977. Qui era ad una distanza di circa 6 miliardi di chilometri dalla Terra. La sonda  contiene un disco placcato in oro con registrazioni di immagini e suoni del nostro pianeta, destinati a chi, forse, un giorno la dovesse trovare. Un messaggio in bottiglia nell'oceano dello spazio e del tempo che condensa, se ci sarà qualcuno lassù che saprà leggere e ascoltare, la conoscenza e la bellezza del nostro meraviglioso pianeta e dell'ingegno umano. Ci sono suoni naturali come il rumore delle onde o del vento, o il canto degli uccelli e quello delle balene, brani di musica, di Bach e di Beethoven, ma anche Johnny B.Goode di Chuck Berry, un classico del Rock and Roll, e poi tante foto, filmati...”

“Prof ma secondo lei esistono alieni che ci capiranno qualcosa, che sapranno far partire un vecchio disco? Neanche noi usiamo più i CD.” Disse Paolo, interrompendo il docente.

“Manca il rap, gli alieni si annoieranno!” Gli rispose Giovanni.

Anche Luca era in vena di fare battute: “Prof, mi dica che c'è almeno un dribbling di Maradona o una rovesciata di Pelè. Il gol del Pibe contro l'Inghilterra potevano metterlo, è un capolavoro!”

“Quello non l'aveva ancora fatto!” Rispose il professore, anche un po' divertito, cercando di riportare la discussione nel solco giusto, con fatica.

“E il puntino? Cos'è?”

“La foto non è venuta bene, cosa rappresenta?”

“In quella foto ci siamo tutti noi , o meglio, voi non ci siete perché troppo giovani, ma io sì perché il puntino è la Terra.” Riuscì finalmente a spiegare il professore.

Il particolare sollevò l'interesse della platea, che da mare piatto appena increspato si trasformò in una vera e propria tempesta. Un fuoco di fila di domande investì il docente:

“Ma come la terra? E chi l'ha scattata, gli alieni?”

“Come si fa ad essere sicuri che si tratta della terra?”

“Prof dove sono il Sole e gli altri pianeti? Giove è gigantesco, non dovrebbe stare dalle nostre parti?”

“La foto è stata scattata automaticamente dalla sonda stessa che ha ruotato la fotocamera

Si è fatta un selfie insomma, con tutti gli abitanti del nostro pianeta.”

“Ma c'è dell'altro, ed è molto interessante: si tratta il commento di Carl Sagan, lo scienziato che ideò questa missione e lavorò per realizzarla, è un ammonimento per tutti. Leggi Antonella!

Così disse porgendo un foglio ad una ragazzina bionda al primo banco. Altre fotocopie del foglio furono distribuite a tutti gli studenti.

Antonella iniziò a leggere:

«Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. È noi. Su di esso... ogni essere umano che sia mai esistito, ha vissuto la propria vita.... su quel minuscolo granello di polvere sospeso in un raggio di sole …

...Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria e nel trionfo, potessero diventare per un momento padroni di una frazione di un puntino.

… L'illusione che noi abbiamo una qualche posizione privilegiata nell'Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un granellino solitario nel grande, avvolgente buio cosmico... 

... Non c'è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo?

... Il  pallido punto blu, l'unica casa che abbiamo mai conosciuto.»

Le meravigliose parole, sempre attualissime, conquistarono tutti e nell'aula per qualche istante calò il silenzio.

Lo ruppe Lorenzo, cui fecero eco un po' tutti gli altri:

”Prof, come siamo piccoli.”

”È un po' triste tutto questo!”

”Ma che triste, è stupendo!”

”Io non penso che siamo gli unici, sarebbe assurdo!”

”Un granello di polvere sospeso in un raggio di sole. Non è poetico?”

”Mi ricorda la poesia di Quasimodo: Ognuno sta solo sul cuor della terra...”

”Proprio così più o meno, siamo tutti lì, ma siamo anche soli.“

”È  proprio vero che ci stiamo autodistruggendo. L'ambiente inquinato, l'odio tra gli uomini, la violenza. Dovremmo volerci più bene.”

“E voler più bene al nostro pianeta. Non ne abbiamo un altro!”

”Sì, ci dovremmo voler bene tutti, senza distinzione di colore, bandiera, religione...”

”..e fede calcistica, potrei voler bene anche ad uno della Lazio.” Aggiunse Luca, sorridendo e sdrammatizzando bruscamente il tono della discussione.

A quel punto la magia di quella lezione speciale fu interrotta sul suono della campanella che, come ben sa chi abbia frequentato le aule scolastiche, può tutto e interrompe tutto.

Chiara, all'ultimo banco, era l'unica a non aver proferito parola, alzò la mano mentre gli altri già riponevano libri e quaderni.

”Professore, volevo ringraziarla...”

“Chiara è il mio lavoro, oggi ho fatto una lezione ispirandomi ad una foto che sembra impossibile e al pensiero attualissimo di un grande scienziato che purtroppo non è più con noi...”

Chiara lo interruppe, con garbo. Con il tono pacato di chi era stata sempre relegata in un angolino. Una studentessa riflessiva, intelligente ma non brillante, così dicevano sempre i docenti alla sua mamma. Prigioniera della gabbia della timidezza, tipica di tanti adolescenti.

“No professore,  lei ha fatto molto di più, sa, lei oggi mi ha fatto capire una cosa importante, che non mi era chiara, o meglio pensavo che appartenesse solo a me. Nel gruppo dei miei coetanei così sicuri, così legati tra loro io mi sono sempre sentita un'aliena. E invece sono gli altri a non aver capito.”

“E tu Chiara, che cosa hai capito dalla lezione di oggi?”

“Ho capito che la caratteristica dell'umanità è la solitudine, e tutto il fracasso che facciamo per apparire importanti agli occhi degli altri è solo un'ottusa messa in scena, per sentirci meno soli, in questo spazio immenso. Nonostante questo non abbiamo empatia. Leggiamo ogni giorno storie dei poveri profughi in fuga da paesi dove regnano guerre e ingiustizie, respinti, lasciati annegare, rigettati da altri uomini. Tutto questo non ha senso, dovremmo volerci bene tutti.”

Il vecchio professore sorrise : “Brava” disse, “hai capito il senso. E allora, cerchiamo di farci compagnia, di vivere in armonia e non in competizione, e ricordiamoci che siamo tutti sullo stesso barcone, in balia delle stesse onde, in viaggio verso la stessa meta, peraltro ignota. E se l'uomo è riuscito, nella sua imperfezione a lanciare un messaggio fra le stelle che forse qualcuno un giorno riuscirà ad interpretare vuol dire qualcosa.”

“Cosa prof? “

“Vuol dire che esiste una speranza e che l'uomo può fare cose grandi, grandissime, non solo distruggere, non solo guerre.”

“Speriamo prof, speriamo davvero!” rispose Chiara, mentre sul volto le sbocciava un sorriso che aveva tutto il sapore della primavera incombente.

© Silvana Maroni

PALE BLUE DOT

Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. È noi. Su di esso, tutti quelli che amate, tutti quelli di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito hanno vissuto la propria vita. L'insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche, così sicure di sé, ogni cacciatore e contadino, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e suddito, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni "superstar", ogni "comandante supremo", ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì su un granello di polvere sospeso dentro ad un raggio di sole.
La Terra è un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica. Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria ed il trionfo, potessero diventare i signori momentanei di una frazione di un punto. Pensate alle crudeltà senza fine impartite dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti scarsamente distinguibili di qualche altro angolo, quanto frequenti i loro malintesi, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto ferventi i loro odii. Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l'illusione che abbiamo una qualche posizione privilegiata nell'Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un granellino solitario nel grande, avvolgente buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c'è nessuna indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi.
La Terra è l'unico mondo conosciuto che possa ospitare la vita. Non c'è nessun altro posto, per lo meno nel futuro prossimo, dove la nostra specie possa migrare. Visitare, sì. Abitare, non ancora.
Che vi piaccia o meno, per il momento la Terra è dove ci giochiamo le nostre carte. È stato detto che l'astronomia è un'esperienza di umiltà e che forma il carattere. Non c'è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci con più riguardo l'uno dell'altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l'unica casa che abbiamo mai conosciuto."
(da Pale Blue Dot) CARL SAGAN a proposito di un'immagine della Terra scattata nel 1990 dalla sonda Voyager 1, quando si trovava a sei miliardi di chilometri di distanza.

 FEDERICO SECONDO E I POETI FRA LE STELLE- PREMIO INTERNAZIONALE ED. 2024
PREMIO TITO STAGNO







 

BUON COMPLEANNO!

 Ma tu guarda questi coloranti alimentari che strani nomi che hanno: etil-fenil, bromo 3,3 parentesi, ancora parentesi, ma non bastava scrivere colorante rosso per dolci?  L’importante è che è arrivato, impacchettato in bustine, ci dovevano essere anche il giallo e il blu, gli altri colori della squadra, ma pazienza, risolverò con crema pasticciera e mirtilli!

Farina, zucchero, mammamia quanto, col mio diabete non potrò mangiarla, uova, latte, forno a centottanta. Speriamo bene! Sarà felice, con i suoi compagni ultras della curva Nord. Non proprio dei gentiluomini, sempre qualche bestemmia di troppo ma simpatici. Ecco la torta, bellissima!

- E’ arrivato il pacco del veleno? Abbiamo la cantina invasa dai sorci!

-No, non è arrivato!

Sforno giusto in tempo, sono tutti qui, a scalciare sedie, a cantare stornelli scollacciati, rovesciare bicchieri di vino sul divano. Fa niente, tanti auguri amore!

-Fai grandi fette, è proprio appetitosa!

Che confusione! Ne approfitto una decina di minuti...

E adesso, perché questo silenzio?

© Silvana Maroni


AMORE ETERNO

 L’aveva intravista tra la folla e da quel momento non aveva avuto più pace. Ingrassata, invecchiata, imbruttita ma era lei sempre lei, con quel lampo negli occhi, le caviglie sottili e i capelli lunghissimi, ingrigiti ma mossi e folti. Era una dea, la dea dell’amore inappagato, dell’attesa, del rifiuto. Di un amore destinato a durare per tutta la vita.

Così era venuto fuori lo stalker che era in lui: l’aveva seguita, pedinata per giorni e ora sapeva tutto, conosceva ogni suo passo, ogni abitudine.

Era giunto il giorno. Il percorso era studiato nei dettagli.

Indossò il suo abito migliore, la cravatta Regimental, la camicia con i gemelli d’oro. Scivolò fuori di casa lasciandosi alle spalle anni di disordine solitario. Tirò fuori l’auto dal garage, ripulita, fresca di revisione e col serbatoio pieno. Una Miura rossa fiammante del ’67.

Mise in moto. La musica del motore era sintonizzata sul ritmo della sua esistenza.

Imboccò Viale Savoia a 80 Km/h, vide un vigile prendere nota della targa.

Sorrise.

Il primo semaforo era verde, come previsto.

Accelerò. Verde anche il secondo.

Imboccò Corso Genova. Già vedeva la sua meta.

In fondo le strisce pedonali, poi la strada si biforcava, intorno al castello.

Accelerò ancora, scorgendo la sagoma nota, i capelli increspati dal vento, il cappotto blu.

Accelerò, il rombo era assordante.

Scattò il rosso, verde per i pedoni.

Accelerò per l’ultima volta, lei si voltò, con un lampo negli occhi, il solito.

Proseguì dritto, verso le mura.

© Silvana Maroni