Visualizzazione post con etichetta fantascienza. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta fantascienza. Mostra tutti i post

martedì 7 maggio 2024

RISVEGLIO

 Katherine  non era del tutto sveglia, il suo corpo non rispondeva ai comandi del cervello che aveva ripreso, invece, a funzionare. Era rigida e sentiva letteralmente un fluido vitale scorrere giù per le vene, appena tiepido ma corroborante. Sapeva che per un po’ di tempo non sarebbe stata del tutto cosciente, così le avevano spiegato. La sfiorò il pensiero di un guasto improvviso all’astronave ma non volle pensarci, si sarebbe agitata. Come aveva appreso durante il lungo addestramento, fece degli esercizi di rilassamento ripercorrendo con la memoria le tappe della sua vita, fino a quella incredibile missione nello spazio.

   Con diligenza, da brava e scrupolosa scolaretta, iniziò lentamente a ricordare i trascorsi che l'avevano portata a credere nell’impresa di un gruppo di sognatori disperati, proprio come lei. Si rivide bambina in un centro d'accoglienza governativo, probabilmente ceduta da genitori poveri, imbarazzanti o corruttibili. O forse sognatori e disperati, anche loro, come aveva sempre preferito pensare.

   Eppure qualche flebile ricordo era rimasto nelle pieghe della sua corteccia: l’immagine di una donna bella e sorridente, dagli occhi scuri e i seni importanti. Una piccola casa lungo un fiume, uomini in divisa che sfilavano, armati fino ai denti. Era un puzzle incompiuto, a cui i suoi neuroni aggiungevano gradualmente elementi. In quel momento si accorse di averne di nuovi. Sorprendentemente, dopo quel lunghissimo riposo forzato altre memorie si erano stratificate nella sua mente. Ricordò per la prima volta lunghe mani ingioiellate, una montagna di banconote chiuse in una valigia nascosta sotto un vecchio letto in una casa di campagna. E ricordò il colore degli alberi, delle cascate, dei prati fioriti. Ma certamente non erano reali, Tutte queste cose non esistevano più da secoli sulla Terra e pensò che fossero il frutto della sua fervidissima immaginazione.

    Ebbe anche la sensazione di essere osservata, ma fu solo un attimo.

    La campagna era in realtà la periferia degradata di una metropoli tentacolare nei cui meandri accadeva di tutto, compresa la compravendita di esseri umani.

    Da bambina scriveva storie, su quaderni raccattati in un vecchio magazzino, con matite colorate  che temperava con un coltellino in dotazione al suo equipaggiamento. Storie fantastiche, vagheggiate, perse nella memoria e fuse con i sogni. In una di queste storie aveva una mamma e un papà e vivevano in una caverna nascosti dal mondo: era una vita avventurosa immersa in una natura viva e violenta, certamente anch’essa immaginaria. Le città infatti, erano sovrastate da cupole e agonizzavano, destinate ad una fine certa a causa della mancanza di  risorse: acqua potabile, cibo, combustibili e perfino l'ossigeno scarseggiavano.

   E poi all’esterno c'erano mille pericoli, orde di mutanti infestavano il mondo: erano esseri mostruosi che si cibavano di carne umana e devastavano ogni prodotto della civiltà; dotati di un’intelligenza superiore miravano alla conquista della Terra e soprattutto di altri mondi, visto che il pianeta dell’uomo era ormai ben poco vivibile. Diabolici e spietati, si temeva che si fossero infiltrati anche tra la popolazione delle cupole.

   Kathe sapeva che lo scopo della missione era la ricerca di  nuovi pianeti, veri eden dello spazio, future culle della specie umana. E loro erano gli eletti, i colonizzatori: scelti attraverso selezioni durissime, dal cervello ricondizionato e propenso solo al bene, da cui, come le era stato spiegato, erano state cancellate le orrende memorie che li riconducevano al loro mondo perduto.

   Sapeva che era una missione senza ritorno, affidata a qualche migliaio di umani addestrati sin dalla nascita. Tutti privi di affetti, di famiglia, di ricordi: le migliori pedine da giocare in quel viaggio senza ritorno, senza speranze, con pochissime prospettive di riuscita. Il sistema di comunicazioni con il pianeta di origine era affidato agli sviluppi di una teoria recentissima, sulla

“Persistenza della scia di luce attraverso il vuoto”, ben poco comprovata e abbastanza aleatoria. Ma era il presupposto teorico per la trasmissione e la ricezione dei dati: basata sul fatto che le onde elettromagnetiche creano un fronte che perturba lo spazio permettendo alle oscillazioni di giungere a destinazione prima della radiazione stessa, in buona parte funzionò.  

   Così l'equipaggio poteva comunicare i risultati della spedizione in tempi molto più brevi di quelli previsti dalla relatività, approfittando di scorciatoie cosmiche ben note e attraversabili anche dalla materia, quindi utili per il viaggio.

   Kathe, avvolta nella capsula protettiva, sentiva la pelle che si staccava a brandelli, una sorta di metamorfosi investiva il suo corpo: l'acqua scivolava via e con essa il bozzolo in cui era avvolta. Un involucro di fibre vegetali, una sorta di nido, costruito con tecniche raffinate, biotecnologiche.

Ricordava il mare, ma era un ricordo sfocato, sommesso, non era certa di averlo mai visto davvero.

Echi di voci indistinte, doloranti, fluivano veloci verso il percorso forzato di una memoria preconfezionata, ma che conteneva un pulviscolo sporco di verità. Le  sofferenze di una bambina alle prese con un mondo più grande di lei, dove la bugia e la verità si confondevano nel quotidiano, assolutamente indistinguibili.

  “Guarda negli occhi il mondo, dici sempre quello che pensi, rispetta le opinioni degli altri e combatti con tutte le tue forze chi non lo fa”.
  “Rispetta tutte le creature del pianeta, ama il pianeta, ama la natura per come è, senza regole anche se a volte appare crudele.” Una voce metallica ripeteva nella sua testa questi moniti.
“La natura non ha un piano prestabilito, solo gli uomini lo hanno; la natura vive di impulsi, sussulti, gemiti, ed  è lei la padrona. Come una madre ci ha accolti, ma può distruggerci con una spinta, con un soffio, con le sue lacrime confuse nella pioggia. Noi viviamo solo un attimo, nel tempo cosmico siamo meno di un battito di ciglia. Riempiamolo di vita questo piccolo momento che ci è toccato, e respiriamo questa vita fino in fondo, non lasciamo che ci scivoli addosso, presto rotolerà via comunque e le nostre tracce si dissolveranno nel vento di un nuovo autunno.”

  Erano parole scolpite nei neuroni del suo cervello, moniti, consigli, ma non riusciva ad associarli a nessuno, non umano almeno.

  Intanto la vista si schiariva, e sagome indistinte cominciavano a prendere corpo intorno a lei. Ectoplasmi che lentamente divenivano presenze reali, dai contorni definiti, di cui Kathe cominciava ad avvertire i respiri, i singhiozzi, le voci indistinte, gli odori. Ebbe una sensazione negativa, si sentì soffocare e per la prima volta provò paura, una paura irrazionale che presto si tramutò in terrore puro. Quando le sagome che intravedeva cominciarono a prendere corpo e i suoni furono distinguibili.

   Molti degli altri astronauti erano passati direttamente dal sonno profondissimo dell'ibernazione alla morte e giacevano nei loro loculi semiaperti da cui emanava un effluvio nauseabondo di carne putrefatta. Ma non tutti. C’era anche chi, risvegliandosi, si rendeva improvvisamente conto di ciò che accadeva e delle sue conseguenze.

   I recettori del suo nervo olfattivo non erano ancora del tutto attivi e neanche i coni e i bastoncelli della retina. La sua coscienza era assopita, avvolta dall'involucro ovattato dei ricordi.  Di lì a breve si sarebbe resa conto del destino che attendeva lei e i suoi compagni di viaggio, superstiti di quel “folle volo” della conoscenza e dell'arroganza umana.

   Mentre i sensi assopiti le si risvegliavano lentamente, Kathe riceveva lievi zaffate maleodoranti di carne putrefatta, fruscii di gemiti di dolore e singhiozzi provocati da conati di vomito, ma era immobilizzata nella sua capsula e non comprendeva a fondo l’orrore che la circondava. Perché per le poche decine di esseri risvegliatisi prima di lei da quel torpore paralizzante, l’unica via di sopravvivenza, l’unica risorsa per placare i morsi della fame era contenuta nei corpi ancora in vita dei compagni. Sarebbe stato così anche per lei.

   La realtà si presentò come un pugno nello stomaco. Nessuna poesia, nessun messaggio di conquista, di speranza o di amore. Ora le sfuggiva il senso profondo di ogni cosa, e soprattutto di quel folle viaggio.

   Quando Kate finalmente spalancò gli occhi sul vuoto, improvvisamente le ombre indistinte che era riuscita a scorgere presero forma: non era un bello spettacolo. C'era un tappeto di cadaveri, alcuni già decomposti e l'odore era nauseante. Ma la cosa peggiore era l’avanzare di quei corpi vivi e pallidi, miracolosamente resuscitati e famelici verso il suo loculo. Capì tutto in solo istante, e qualcosa scattò nella sua mente, un istinto da predatore implacabile, accuratamente nascosto nel suo DNA e perfettamente innestato nei falsi pensieri buoni che l’avevano accompagnata fino a quel momento: così raccolse le forze riposte in tanti anni di sonno forzato e una scossa violenta fece sussultare il suo corpo che si scagliò con indicibile violenza contro i malfermi assalitori.

   Il collegamento con la Terra era attivo, in audio e video, c’era solo un insignificante sfasamento temporale.

   Dal pianeta madre assisterono ad una battaglia tra esseri che non avevano più nulla di umano, che si strapparono a vicenda brandelli di carne viva, in una primordiale e atavica lotta per la sopravvivenza. Le immagini si chiusero, come nei peggiori “splatter” con un primissimo piano sul volto trasfigurato della donna: gli occhi fuori delle orbite, la bocca insanguinata e deformata in un ghigno sinistro.

  Dalla base terra echeggiò un coro di voci soddisfatte e concordi: “Missione compiuta!”

Erano LORO.

 L’ingente investimento economico in corpi da riprogrammare allo scopo di diffondere negli spazi quella  specie degenerata, cominciava a dare i suoi frutti e si avviava alla completa realizzazione. Avrebbero occupato altri pianeti e, forse, la galassia intera.

© Silvana Maroni

 


martedì 30 aprile 2024

GIOVE E VENERE

 Incontro di astri che splendono

nella luce incerta del crepuscolo
e si tuffano nel buio
tenendosi per mano.
Notte dopo notte
si rincorrono
si raggiungono fino a stringersi in un fugace abbraccio.
Poi fuggono di nuovo
ognuno lungo un'orbita straniera
che non appartiene all'altro,
ognuno solitario nel suo incedere nel cosmo
passo su passo
luce su luce.
Ognuno libero e lontano
da chiunque altro.
Ognuno sicuro lungo una strada
segnata dal filo invisibile della gravità.
Solo noi quaggiù li vediamo incontrarsi
e poi fuggire via
come due innamorati, presi in un gioco perverso,
eterno, ricorrente,
eppure inesistente.
Un amore che li vedrà lasciarsi e ricongiungersi
baciarsi e abbandonarsi
per poi ritrovarsi dopo anni, secoli , millenni
negli occhi offuscati di chi li osserva
per sempre uniti.
Si sa,
solo gli amori impossibili
sanno sfidare l'eternità.
S.M.

Foto marzo 2023 - Congiunzione Giove-Venere

venerdì 19 aprile 2024

CINQUE PER CENTO

 Era la fine del mondo. L’asteroide diretto verso la Terra disegnava nel cielo scuro una scia luminosa, come la stella cometa di un vecchio Natale, il primo, quello vero. Gli strali lanciati con rabbia dal dio dell’universo sarebbero ricaduti sull’uomo e le sue colpe. La gravità attirava quella materia impazzita e non c’era scampo per nessuno sul vecchio e stanco pianeta, da tempo succube dell’arroganza umana.

Anche se stavolta l'uomo non c'entrava nulla. Era stato il caso che aveva posto quel masso in rotta di collisione con la Terra. Puro caso.

Lui era in strada, al contrario della maggioranza. Era stato nel tunnel della metropolitana ma aveva trovato un vero inferno: schiamazzi, urla, litigi furiosi. Qualcuno pregava, altri piangevano disperati, qua e là c'era chi si sparava droghe ottenute a prezzo irrisorio.

 I soldi erano già carta straccia.

Preferì non mescolarsi a quella marea umana impazzita, decise che sarebbe morto all’aria aperta, guardando in su, disteso sotto quello stesso cielo che in passato aveva osservato carico di amore e di curiosità, scrutato al telescopio, ammirato nelle notti limpide e che ora gli stava crollando addosso. Briciole di cielo avrebbero cancellato l'umanità. L'Universo non se ne sarebbe neanche accorto. Intorno vedeva sfrecciare veicoli sovraccarichi di bagagli, provviste, masserizie, come se ci fosse stato uno scampo, un luogo sicuro dove nascondersi. C'era ancora qualcuno che coltivava illusioni e incredulità.

Nella realtà la speranza era legata ad un filo sottilissimo. I notiziari erano stai chiari: le  sonde inviate per distruggere l’asteroide o deviarne la traiettoria mortale avevano fatto cilecca, o quasi. Avrebbero fatto tutti la fine dei dinosauri.

 Le possibilità di salvezza erano irrisorie, legate ad un ipotetico impatto con un altro frammento impazzito. Sarebbe stato come fare filotto sull'immensa tavola di biliardo azzurra srotolata lassù, a sovrastare l'umanità disperata, ormai consapevole di non essere la padrona su quel sassolino alla periferia della galassia.

Si parlava di una percentuale intorno al 5%, un nulla.

 Si recò davanti al mare e si distese sulla spiaggia, in prima fila per l’ultimo spettacolo. Maledisse se stesso, aveva desiderio di fumare ma aveva smesso all'improvviso, poche settimane prima, spaventato dai soliti allarmismi dei medici, ora ridicoli a dir poco.  Si frugò lo stesso nelle tasche, e fu premiato. Sul fondo trovò un pacchetto accartocciato con un’ultima sigaretta. Una su 20. “ E’il 5%” pensò. “Si può essere fortunati due volte?”

Gli venne su un sorriso beffardo. L’accese aspettando gli eventi.

© Silvana Maroni

 

 


giovedì 18 aprile 2024

ATTRAVERSO IL RAGGIO VERDE

 Attraverso il raggio verde – A spasso tra universi paralleli – Storie ordinarie e straordinarie di incontri possibili e impossibili

---
Il raggio verde è un fenomeno ottico visibile quando il Sole, all'alba o al tramonto, crea una sottile striatura luminosa colorata di verde smeraldo che dura pochi istanti. È un fenomeno fugace, un guizzo veloce di colore intenso difficilissimo da osservare, proprio come sono fugaci e difficili da cogliere certe occasioni che la vita ci presenta.
A questo fenomeno, per certi versi misterioso e soprattutto sfuggente, si possono paragonare le storie di questa raccolta. Storie legate al caso, al tempo o ad eventi imprevedibili, sospese fra Universi paralleli, fra passato, presente e futuro, sogno e realtà.
Alcune sono di fantascienza pura o fantasy, veri e propri voli pindarici della fantasia, ma vi sono anche storie normali di cambiamento, svolte, decisioni, eventi che risolvono la vita.
Quando l’ambiente ci condiziona e ci opprime la cosa migliore da fare è andare via, cambiare radicalmente? È davvero la scelta giusta o è meglio restare, a combattere contro i propri fantasmi?







venerdì 25 novembre 2022

BOLLE

BOLLE 

La favola dell’Universo




La strega Malvina era assorta, attentissima a ciò che accadeva nel suo prezioso pentolone che ribolliva di schiuma.

Una schiuma coloratissima: verde, arancio, azzurro, rosa; tutti i colori, anche quelli sconosciuti all’occhio umano, erano condensati in quel magma dalle singolari caratteristiche. Come in una sorta di arcobaleno ballerino, le bolle colorate salivano e scendevano, rotolavano qua e là danzando armoniose e allegre, con somma soddisfazione della loro artefice.

Pian piano, arrivarono tutte le altre streghe: Beatrix, Volpina, Melampa, Bergonza, tutte si congratulavano con lei.

La poltiglia verdognola ribolliva ed emanava un odore nauseabondo ma sembrava ben riuscita. Le creature del mondo della fantasia festeggiavano felici il magico evento.

La danza degli elfi e delle fatine alate riempiva il nulla di luci colorate, di scie dorate ed argentate, il canto delle sirene richiamava verso il mare cristallino popolazioni di strani animali dalle sembianze quasi umane, mentre le magiche bolle colorate uscivano dal pentolone e diffondevano nello spazio vuoto, che gradualmente si andava riempiendo.

Inizialmente quello spazio irreale non solo era vuoto, ma era anche privo di colore, forma e tempo, popolato soltanto da quegli strani esseri che, come tutti sanno, non esistono se non nella mente dei bambini, dei pazzi e dei sognatori: unico accesso a quel mondo incantato.

“Ogni bolla è un Universo” gracidò trionfante Malvina, in sintonia col miagolio di Diablo, il suo gatto nero, anch’esso creatura di pura immaginazione.

“Universo?” chiese stupita Beatrix.

“Sì!, ed ognuna è nata da una piccola esplosione, un “little bang”, che gli abitanti delle bolle vedranno come immenso...Come un “big bang””!

“Creature?” – “Sì, nelle bolle nascono stelle brillantissime e pianeti popolati di esseri capaci di pensare e ragionare, fino a capire la propria origine!”

“Capiranno di essere nati nel pentolone di una strega?” ribatté Melampa scoppiando in una fragorosa risata.

“Questo no! Un’ipotesi del genere può essere concepita solo dalla fantasia e le creature delle bolle la perderanno presto. ”Rispose Malvina con una punta di tristezza.

Da lontano, arrivavano ogni giorno lunghe file di bizzarri personaggi: alcuni restavano a riempire quel luogo altri sparivano dopo poco. Lì vicino c’erano tre bambini: uno aveva gli occhiali tondi ed era molto curioso. Diceva di essere un piccolo mago ma gli incantesimi non gli riuscivano mai e le streghe lo prendevano in giro. Tutti erano allegri anche le piccole figure di omini zoppi e di soldatini senza armi: la loro esistenza era un gioco, ed il gioco li teneva in vita.

Intanto nelle bolle il tempo volava via veloce mentre le streghe, per l’eternità, avrebbero continuato a rimestare la poltiglia cosmica nel pentolone sotto l’albero senza radici: era il loro unico compito ed il loro divertimento anche perché laggiù il tempo non esisteva, né sarebbe mai esistito. Un attimo, un secolo, un millennio: non c’era alcuna differenza!

...

La teoria dell'universo a bolle, proposta da Andrej Linde , si inquadra bene con la teoria ampiamente accettata dell'inflazione cosmica. Tale teoria comporta la creazione continua di universi derivanti dalla schiuma quantistica di un "universo genitore".

...

Non si sa però cosa sia a produrre le bolle e nessuno mai lo saprà. Perché? Semplice: l’uomo tecnologico non ha contatti con il mondo della fantasia, da cui nasce tutto. Lo hanno soltanto i bambini e i sognatori, come già è stato detto, ma ad essi non crede mai nessuno!

© Silvana Maroni



lunedì 14 novembre 2022

TRASGRESSIONE

 -“Il Monastero”, così si chiama.

-Strano nome per un locale alla moda! Antiquato direi!

-Ti ho già detto che non è un locale comune, ha una sezione diversa, diciamo così.

-Senti, io ho paura, non assumo sostanze proibite e rispetto la legge.

-Ma se è tutto sicurissimo! E non devi assumere sostanze di nessun tipo, tranquillo!

-Non so se verrò nella sezione proibita!

-E che te ne fai di una delle solite serate a consumare bevande insipide in compagnia dell’ologramma di una sconosciuta?

- Si possono fare tante cose con un ologramma.

-Ma l’hai mai accarezzata una ragazza vera? Ha mai sentito il profumo della sua pelle, il fremito della sua bocca, appoggiato le labbra su…

-E basta, se ci scoprono lo sai che c’è il carcere? E poi i telefoni? Sono tutti controllati, come fanno a non accorgersi di nulla?

-Qui hanno elaborato un algoritmo che pubblica continuamente immagini sui social a tuo nome: foto di cocktail, cibi, selfie con ragazze o gruppi di amici, tutti ologrammi naturalmente. Devi solo consegnare il cellulare all’ingresso e non pensarci più. Vedrai, sarà un’esperienza unica! Conoscerai persone in carne ed ossa, ci parlerai guardandole negli occhi e ascolterai musica dal vivo, c’è gente che suona strumenti veri! Poi se ti piace una ragazza e tu piaci a lei potrete…

-E basta, non esageriamo, vuoi tornare alla preistoria, quando ci si accoppiava per provare piacere o per procreare? Comunque mi hai convinto, verrò, ma solo per questa volta!

Certo che non sanno più cosa inventare!   

© Silvana Maroni