La Notte Siriaca, dalle "Memorie di Adriano", di Marguerite Yourcenar
Al
campo, durante le veglie forzate, ho contemplato la luna che corre tra le nubi
dei cieli barbari; più tardi, nelle limpide notti dell'Attica, ho ascoltato
l'astronomo Terone di Rodi spiegarmi il suo sistema del mondo; disteso sul
ponte d'una nave, in pieno Egeo, osservavo il lento moto oscillante dell'albero
maestro spostarsi tra le stelle, andare dall'occhio acceso del Toro al pianto
delle Pleiadi, dal Pegaso al Cigno; e ho risposto come meglio sapevo alle
domande serie e ingenue del giovinetto che contemplava quello stesso cielo con
me….
Una
volta, nella mia vita, ho fatto di più: ho offerto il sacrificio d'una intera
notte alle costellazioni. Ciò avvenne dopo la mia visita a Osroe, durante la
traversata del deserto siriaco. Disteso supino, gli occhi bene aperti,
tralasciando per qualche ora ogni pensiero umano, mi sono abbandonato dal
tramonto all'aurora a quel mondo di cristallo e di fiamma. È stato il più bello
dei miei viaggi. Il grande astro della Lira, stella polare degli uomini che
vivranno quando noi da dozzine di migliaia d'anni non saremo più, splendeva sul
mio capo. I Gemelli rilucevano d'una luce tenue negli estremi bagliori del
tramonto; il Serpente precedeva il Sagittario; l'Aquila saliva allo zenit, le
ali aperte, e ai suoi piedi splendeva quella costellazione non ancora designata
dagli astronomi alla quale in seguito ho dato il più caro dei nomi. La notte,
che non è mai così totale come credono coloro che vivono e dormono nelle
stanze, si fece più cupa, poi si rischiarò. Si spensero i fuochi, che s'erano
lasciati accesi per fugare gli sciacalli; quel mucchio di brace ardente mi
rammentò il nonno, in piedi nella sua vigna, le sue profezie che ormai erano il
presente, e che sarebbero state ben presto il passato.
Ho
cercato di aderire al divino sotto molte forme; e ho conosciuto molte estasi.
Ve ne sono di atroci; altre, d'una dolcezza struggente. Quella della notte
siriaca fu singolarmente lucida. Mi tracciò i movimenti celesti con una
precisione che nessuna osservazione parziale mi avrebbe mai consentito di
raggiungere. Nel momento in cui scrivo, io so esattamente quali stelle passano
qui, a Tivoli, sopra questo soffitto ornato di stucchi e di pitture preziose, e
altrove, laggiù, su un sepolcro. Qualche anno dopo, la morte doveva diventare
l'oggetto delle mie meditazioni costanti, il pensiero al quale ho dedicato
tutte quelle forze del mio spirito che lo Stato non assorbiva. E chi dice morte
esprime anche quel mondo misterioso al quale forse, per suo mezzo si accede.
Dopo tante riflessioni ed esperienze, talvolta condannabili, ignoro ancora
quello che accade dietro quella buia cortina. Ma la notte siriaca rappresenta
la mia parte consapevole d'immortalità.
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